Flaviano Di Donato nacque a Giulianova il 13 febbraio 1892 da Domenico, e Pasqua Ottavianelli (dal 30 ottobre 1915 Anna Ottaviani), entrambi contadini.
Terzo di dieci figli, trascorse l’adolescenza a Giulianova, lavorando nei campi di famiglia fino alla primavera del 1912 quando, imbarcatosi sul transatlantico “Friedrich der Grosse”, raggiunse a New York il fratello Biagio che lo aveva preceduto pochi mesi prima.
La riunione dei fratelli fu però molto breve, l’inizio della guerra ed il successivo ingresso dell’Italia nel conflitto introdussero delle dinamiche drammatiche nella famiglia Di Donato: Biagio decise di aderire alla mobilitazione, comunicata agli emigranti tramite gli organi di stampa ed il consolato, e rientrò in Italia nel 1915; Flaviano, il quale era stato riformato poco prima della sua partenza a causa dell’altezza, decise di rimanere a New York.
Inquadrato nel 17° fanteria (brigata Acqui), l’esperienza militare di Biagio fu di breve durata. Raggiunto il fronte immediatamente, venne coinvolto nei combattimenti intorno a Cave di Selz nell’ambito della seconda battaglia dell’Isonzo, riportando una grave ferita all’inguine. Ricoverato nell’ospedaletto da campo allestito a Villa Prister, località San Egidio, morì il 25 luglio 1915, esattamente due mesi dopo il suo arruolamento.
Nel frattempo, Flaviano a New York trovò lavoro come manutentore dei lampioni a Manhattan, vivendo con altri abruzzesi in un condominio all’estremo nord di Harlem, ad un isolato dal braccio orientale dell’omonimo fiume.
In seguito all’ingresso in guerra degli Stati Uniti, venne registrato il 6 giugno 1917, dichiarando che in caso di chiamata avrebbe fatto il suo dovere (if called he’ll go). Così fu.
Flaviano fu arruolato il 27 aprile 1918 e, dopo due mesi di addestramento a Camp Upton, nello stato di New York, venne assegnato alla compagnia A del 301° Reggimento di Fanteria, parte della 76ª Divisione e viaggiò con essa a bordo del transatlantico Cedric il 6 luglio 1918. Una volta in Francia, la 76ª divenne la 3rd Depot Division ovvero una divisione destinata a procurare i rincalzi per le divisioni dissanguate al fronte, e pertanto destinata a combattere non come unità omogenea.
Flaviano fu quindi assegnato al 58° Reggimento, 4ª Divisione, partecipando con essa alle operazioni per la riduzione del saliente di Saint Mihiel (12-16 settembre) e alla grande offensiva delle Argonne, iniziata il 26 settembre e proseguita fino all’armistizio.
Durante la seconda fase di quella offensiva, il 7 ottobre 1918, nelle prossimità di Bois de Fays (ironicamente traducibile in Bosco delle Fate), venne colpito al volto da un proiettile che gli penetrò nel mento; un testimone oculare riferì di averlo visto al punto di soccorso, incapace di comunicare. Morì il giorno stesso.
I combattimenti sostenuti dalla 4ª Divisione all’inizio di ottobre furono terribili, e le perdite pesantissime; il sergente maggiore James Block, del gemello 59° Reggimento, descrisse così la sua esperienza:
” It is said that the Bois de Fays means “Woods of the Fairies.” Where I, to name it, I would call it “The center of Hell.” Any man who ever spent any time in those woods from the 4th to the 17th of October, knows that even that term does not adequately express the true situation. The shell torn woods were wet and muddy; everything was wet and damp, raw, cold and clammy. Not a breeze blew to clear the gas laden air. The sun never shown, it was always dark and murky. Down the sides of our fox holes, water trickled or seeped through the walls. From all sides came the odor of death or decay, mangled bodies of men everywhere. Our bodies ached from the cold and wet. The foul surroundings made one sick at heart. We were hungry, yet unable to eat but little of the food which came up. For hours at a time we were forced to be without water, for to go after it was to gamble with death. The mental strain was maddening, the physical strain exhausted us, yet we had to be alert. Sleep was impossible. The enemy counter-attacked time and again, but was repulsed each time.”
(Si dice che Bois de Fays significhi “bosco delle fate”, io lo chiamerei piuttosto “il centro dell’inferno”. Qualsiasi uomo presente in quei luoghi fra il 4 ed il 17 ottobre, sa che persino questa definizione non rappresenta adeguatamente la realtà. I tronchi contorti dalle granate erano fradici e fangosi; tutto era umido, bagnato, ruvido, freddo, viscido. Non un alito di vento a pulire l’aria densa di gas. Il sole non si rivelava mai, il cielo era sempre scuro e tenebroso. Nei nostri ripari, l’acqua gocciolava e filtrava attraverso le pareti. Da ogni parte giungeva un odore di morte e decomposizione, i corpi straziati degli uomini erano ovunque. Eravamo doloranti per il freddo e l’umidità. Lo scenario devastato era deprimente. Eravamo affamati, eppure non riuscivamo a mangiare che una parte del cibo che ci arrivava. Per diverse ore eravamo costretti a fare a meno dell’acqua, cercarla significava scommettere con la morte. La tensione era esasperante, lo sforzo fisico estenuante, eppure dovevamo essere sempre vigili. Il sonno era impossibile. Il nemico contrattaccava in continuazione, ma venne respinto ogni volta.)[1]
La sua salma ebbe un cammino altrettanto avventuroso e difficile: Flaviano venne infatti sepolto inizialmente nel bosco dove cadde, successivamente il corpo venne riesumato e sistemato nel cimitero del vicino paesino di Brieulles-sur-Meuse. Quando, nel 1920, venne creato il grande sacrario militare di Romagne sous Montfaucon, i resti vi vennero trasferiti, per essere finalmente riportati in Italia per volontà della famiglia dove, ormai nel 1922, venne interrato nel cimitero di Giulianova[2]Bottom of Form.
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