MARANO DI MARTINO (1892-1918)

 

Marano Di Martino nacque a Cermignano, contrada Fontanina, in provincia di Teramo, il 30 giugno 1892 da Enrico Amato e Francesca Maranella, terzo e ultimo figlio di un agricoltore e una casalinga.

Cresciuto in Abruzzo, emigrò in California dopo la morte della madre nella primavera del 1910, raggiungendo inizialmente un cugino a New York per poi trasferirsi sulla costa ovest, a Kennett, nel nord della California.

Situata a metà strada tra San Francisco e Portland, Kennett era una fiorente comunità mineraria situata sulla linea ferroviaria che attraversava l’intera costa occidentale, la cui economia era basata su due estesi giacimenti di rame; la comunità italiana era numerosa (esisteva una Little Italy nelle vicinanze di Kennett) ed era principalmente impegnata nelle miniere. Francesco trovò impiego come posatore/manutentore dei binari presso la Southern Pacific Co.

La stazione di Kennet nel primo novecento (internet)

Coscritto nell’esercito Americano il 22 settembre 1917, fu inviato con le reclute per l’addestramento inizialmente svolta a Camp Lewis, nello stato di Washington, e quindi a Camp Kearny, vicino a San Diego in California.

Poche settimane prima del suo trasferimento oltreoceano, avvenuto a bordo del transatlantico Nestor il 28 giugno 1918, approfittando della legge sulle naturalizzazioni dei soldati stranieri, approvata dal congresso a maggio, presentò domanda, diventando automaticamente cittadino americano.

Una volta in Francia, Marano venne assegnato alla compagnia A del 104º reggimento di fanteria in seno alla 26ª Divisione con la quale partecipò all’offensiva finale della Meuse-Argonne, iniziata il 26 settembre su un fronte lungo 70 km e destinata a spezzare la linea orientale di rifornimento dell’esercito imperiale che correva lungo l’asse disegnato dalla linea ferroviaria Carignan-Sedan-Mèziers. Nell’ambito di quell’offensiva, la 26ª Divisione entrò in linea la notte tra il 13 e 14 ottobre.

Il 16 ottobre 1918 supportati da 16 carri armati Renault, il primo battaglione del 104º reggimento si mosse alle 5 e mezzo del mattino all’assalto delle postazioni sovrastanti Bois d’Haumont; il terreno proibitivo mise immediatamente fuori uso i carri armati, e il forte fuoco di sbarramento nemico costrinse la fanteria a ritirarsi sulle posizioni di partenza rendendo inutile il sacrificio di moltissimi uomini, tra i quali Marano Di Martino.

Durante quell’assalto, Marano faceva parte di un plotone di nove uomini ribattezzato “plotone della morte” (death platoon); nessuno dei componenti di quel plotone sopravvisse alla battaglia, ma la loro azione viene descritta da un testimone oculare, il caporale Edwin Moore:

“Non dimenticherò mai quel giorno fin quando sarò vivo, fu il peggior attacco che vide coinvolta la compagnia A. Attaccammo alle cinque del mattino e fu una delle peggiori mattinate possibili, non avremmo potuto incontrare tempo peggiore. La compagnia A era guidata dal luogotenente Chester R. Howard […] Iniziammo presto e combattemmo duramente per due ore lunghissime, con il primo battaglione di Howard sempre in primissima linea. Il nostro obbiettivo era un bosco chiamato Haumont Woods. […]

L’assalto era portato tre compagnie di fanteria, supportate da venti carri armati francesi; l’obbiettivo della compagnia A era il lato destro del bosco, la compagnia D il centro e la compagnia E il bordo sinistro. Dieci carri armati dovevano supportare ogni ala cercando di aggirare il bosco per piombare sugli Unni da dietro costringendoli a spingersi allo scoperto. […]

Ma i carri armati fallirono, e fallirono miseramente […] invece di disporsi sui lati attaccarono al centro. Uno di essi rimase incastrato nel cratere di una granata bloccando il resto della colonna. I francesi abbandonarono i mezzi e si misero in salvo. Senza protezione non avevamo possibilità di scampo, i ragazzi venivano falciati senza pietà e dovemmo ritirarci alle sette.

Ma non il plotone della morte, non Lieut. Howard alla testa di quel plotone. Quell’uomo non conosceva la resa ed era sopravvissuto a diverse sanguinose scaramucce, quindi non aveva intenzione di ritirarsi. Lieut. Howard e i nove componenti del suo plotone che lo seguirono non si arresero fino alla morte. […]

L’ultima immagine di quell’ufficiale e dei suoi nove uomini, fu il loro ingresso nel bosco. Questo fu tutto quanto a nostra conoscenza per tre settimane. […]

Il 9 novembre giungemmo in una zona del bosco che era stato l’obbiettivo del primo plotone. E lì trovammo i nostri ragazzi.  Avevano raggiunto il loro obbiettivo. Come non lo sapremo mai, ma riuscirono e resisterono il più a lungo possibile. […]

I soldati del primo plotone uccisi a difesa del loro obbiettivo erano: Priv. John J. O’Keefe, Cambridge; Priv. Franklin Whitman, Williamsport, Pa.; Priv. Marano Di Martino, Teramo, Italy; Priv. Fred A. Holmes, South Minneapolis; Priv. John D. Noughton, Chicago; Priv. John D. Jens, Milwaukee, Miss.: Priv. Earl B. Hall, Mayville, Cal.; Priv.Seymour L. Schwartz, Chicago, e Priv. Albert Boisnert, Lowell.

Marano di Martino in divisa

 

Negli stessi giorni, più a nord, anche il fratello maggiore Giovanni (1886-1969) combatteva con l’esercito americano. Inquadrato nella compagnia H del 364° reggimento di fanteria, partecipò all’offensiva a guida britannica nelle Fiandre; seppur ferito lievemente, nel 1919 fece ritorno in America stabilendosi nel New Jersey.

 

Giovanni Marino Di Martino (John M Martin)

 

 

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