ALFIO LICARI (1894-1918)

Alfio Licari thumb

Alfio Licari naque a Rocella Valdemone il 23 dicembre 1894 da Antonino e Rosa La Fornara, entrambi contadini.

Sesto di dieci figli, Alfio trascorse l’adolescenza nell’entroterra Messinese, fino all’estate del 1912 quando, imbarcatosi a Napoli sul transatlantico Venezia, raggiunse un cugino ad Albany nello stato di New York, esattamente come suo aveva fatto prima di lui suo fratello Giuseppe nel 1901 e come avrebbe fatto suo fratello Salvatore l’anno successivo, nel 1913. Un terzo fratello, Antonio, si era invece stabilito a Philadelphia nel 1906.

Negli anni precedenti la guerra, Alfio, Giuseppe ed Antonio attraversarono gli Stati Uniti per stabilirsi nella cittadina di Eureka, nella California settentrionale, dove Alfio trovò impiego come taglialegna presso l’impianto di Arcata della Humboldt Cooperage, all’epoca la più grande segheria della costa occidentale.

Proprio per il forte sviluppo dell’industria del legno, la zona di Eureka divenne un bacino di reclutamento per il costituente 20° Reggimento del genio (20th Engineers Regiment) il  quale sarebbe stato impiegato per soddisfare la crescente domanda di legno da costruzione, sfruttando le risorse naturali delle foreste Francesi ed eliminando così il rischio del trasporto via mare; sia Alfio che Antonio furono arruolati, aggregati al 4° battaglione (compagnia F) ed inviati a Fort Meyer, in Virginia, per l’addestramento.  

All’inizio di gennaio del 1918, mentre il battaglione completava i preparativi per la partenza verso la Francia, Alfio si ammalò di otite e venne ricoverato ad Hoboken, non potendosi così imbarcare con il fratello sul transatlantico America; ristabilitosi dalla malattia, fu riassegnato al 6° battaglione ed imbarcato il 23 gennaio sul transatlantico Tuscania, il cui destino fu ben più tragico.

Dopo una sosta di due giorni ad Halifax per unirsi ad un convoglio prevalentemente composto da mercantili, scortati dall’incrociatore britannico HMS Cochrane, il viaggio riprese e pochi giorni dopo una flottiglia di sei incrociatori leggeri inglesi si unì  per garantire la sicurezza attraverso la “danger zone” compresa tra la Scozia e l’Irlanda del Nord. 

Nel tardo pomeriggio del 5 febbraio al largo delle coste scozzesi, il convoglio fu avvistato dal sommergibile tedesco UB-77, il quale lanciò due siluri all’indirizzo del Tuscania, uno dei quali centrò in pieno il transatlantico sotto  le cucine, causando il progressivo allagamento delle stive ed il conseguente affondamento dopo circa due ore.

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Buona parte dei 2013 militari e dei 384 membri dell’equipaggio vennero tratti in salvo dalle imbarcazioni del convoglio durante una ordinata evacuazione della nave. 

Alfio Licari fu tra le 230 vittime, molte delle quali tra i naufraghi assiepati sulle scialuppe di salvataggio schiantatesi contro le scogliere della vicina isola Irlandese di Islay. 

Il suo corpo venne recuperato e tumulato inizialmente in un cimitero creato appositamente sull’isola, successivamente nel 1920, su richiesta dei fratelli (Antonio era rientrato illeso dalla guerra e Salvatore si era nel frattempo trasferito in California) venne riesumato e sepolto ad Eureka.

Oltre ad Alfio Licari, altri cinque Italiani persero la vita  sul Tuscania: Antonio Abboni di Genova, Salvatore Bruno di Petralia Petrana (TP), Rocco Calabrese di  Ceglie del Campo (BA), Alcide Carollo di Lugo (VI) e Rodolfo Di Bartolomeo di Salle (PE).

 

 

 

 

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