Antonio D’Angelo nacque a Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, il 23 luglio 1892 da Giuseppe e Margherita De Rosa.
Era il primogenito di una famiglia di contadini ed emigrò a Rochester nel 1909 dove si erano stabiliti diversi cugini e dove fu raggiunto negli anni dal padre e dal fratello minore Luigi; quest’ultimo, già veterano della guerra Italo-turca del 1912, rientrò in Italia per combattere nelle file del regio esercito.
Antonio trovò impiego inizialmente come operaio in una fabbrica di lampade, quindi nella fabbrica di scarpe John Kelley Inc. di Rochester e, nel gennaio 1918, sposò la concittadina Maria Borelli.
Pochi mesi dopo, il 3 aprile 1918, prese servizio nell’esercito americano nelle fila della compagnia A del 310° reggimento fanteria parte della 78ª Divisione AEF, e, dopo un breve addestramento a Camp Dix nel New Jersey, ritornò in Europa da soldato il 19 Maggio del 1918, via Inghilterra, a bordo del transatlantico Beltana.
Una volta in Francia il reggimento trascorse sei settimane di addestramento a guida britannica nelle zone di Senninghem, Magnicourt e Framecourt, quindi, dopo un trasferimento in treno, nel settore di fronte della Haute Marne a Passavant-Vitrey e Jussey.
Dal 28 agosto iniziarono una serie di marce forzate durissime che avvicinarono il reggimento al fronte. Riporta il capitano Raymond L. Thompson:
Il ricordo di quelle marce notturne vivrà a lungo nella memoria di tutti. La pioggia cadde in continuazione trasformando le strade in un mare di fango, plasmate in una massa plastica dai convogli davanti a noi. Nella notte scura le colonne dei soldati arrancavano con gli zaini gonfi d’acqua. Le coperte, le scarpe e le divise erano completamente inzuppati eppure era vietato accendere il fuoco ad evitare che i riflessi di notte o il fumo di giorno attirassero l’attenzione dei ricognitori degli Unni. Ovviamente non vi era traccia di cibo caldo.
La marcia verso nord riprese la notte del 6 settembre e quindi, dopo tre giorni di riposo vicino a Gironcourt, il 10 settembre il reggimento salì a bordo di una serie di camion francesi guidati da autisti indocinesi, e si diresse a Bois de la Cote-en-Haye, raggiunto alle prime luci dell’alba attraversando nella notte Chatenois, Neufchateau e Toul.
L’ordine era di rimanere in scia ed avvicendare il 6° reggimento dei Marines impegnato con la 2a divisione nell’assalto al saliente di Saint Mihiel; muovendosi di notte sotto una pioggia incessante il 310° fu spettatore del terribile bombardamento preparatorio e nei giorni successivi dei suoi effetti devastanti.
Alle 21:30 del 15 settembre le avanguardie raggiunsero l’abitato di Thiaucourt ed iniziarono le operazioni di avvicendamento indisturbate nonostante la luna piena; al terzo battaglione venne assegnato il consolidamento delle posizioni pianeggianti tra Xammes e Jaulny che i marines non avevano avuto il tempo di organizzare.
Le operazioni si conclusero nella mattinata del 16, che rimase tranquillo fino alla serata quando i tedeschi scatenarono un violento bombardamento sulle linee americane, preceduto da un raid esplorativo.
Nei giorni successivi il 310° rimase in servizio in prima linea e, il 22 Settembre 1918, il terzo battaglione venne incaricato di condurre un raid notturno mirato a distruggere le fortificazioni tedesche ed il punto d’osservazione situato nella fattoria fortificata di Mon Plaisir Ferme, 2 km a Nord di Thiaucourt.
L’attacco, partito all’una del mattino dalle postazioni Americane presso Bois de La Montagne dopo un lungo bombardamento di copertura, rappresentava una delle prime azioni per l’inesperta 78ª Divisione e si rivelò un fallimento: il mancato coordinamento con i reparti dei guastatori che avrebbero dovuto aprire i reticolati e la scarsa copertura sui fianchi in fase di ritirata, costarono numerose perdite tra le file del terzo battaglione che guidava l’assalto.
Il pesante controbombardamento scatenato dai tedeschi si abbattè sulle retrovie falcidiando anche gli uomini del primo e secondo battaglione, nelle immediate retrovie.
Antonio D’Angelo rimase gravemente dall’esplosione di una granata, e morì dopo dieci giorni di agonia il 1° ottobre 1918.
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