Antonio Di Cello nacque a Nicastro, oggi inserita nel territorio di Lamezia Terme in provincia di Catanzaro, il 25 maggio 1896 da Raffaele e Angelina Fragale.
Quando aveva tre anni il padre cercò fortuna negli Stati Uniti, seguito dalla madre; Antonio rimase in Calabria e, insieme alla sorella minore Lucia, venne cresciuto dallo zio. La famiglia si ricongiunse in Pennsylvania nel 1906, nella cittadina di Pottsville dove si arricchì di altri cinque elementi: Giuseppe, Rosario, Maria, Michele e Leonardo.
In America Antonio trovò impiego presso una fabbrica di camicie di Pottsville, la Phillips-Jones Corporation, nata dalla fusione della D.Jones & Sons, fondata dal prussiano Dramin Jones, con la Moses Phillips & Sons che proprio a Pottsville aveva avuto origine fornendo di vestiario i minatori delle cave di antracite della zona a fine ottocento.
Poche settimane dopo la dichiarazione di guerra degli Stati Uniti alla Germania lasciò il lavoro per arruolarsi volontario, venendo assegnato alla compagnia E del 28° reggimento di fanteria ed imbarcandosi quasi immediatamente, il 14 giugno 1917, sul transatlantico Pastores per la prima traversata di truppe americane.
Il programma di preparazione studiato da Pershing prevedeva tre fasi da un mese ciascuna, la prima da svolgersi nelle retrovie aveva lo scopo di addestrare le reclute al nuovo equipaggiamento, la seconda in prima linea serviva a familiarizzare con la guerra di trincea, la terza nuovamente in retrovia a coordinare le operazioni con l’artiglieria nell’eventualità di uno scontro in terreno aperto.
La prima divisione completò questo ciclo, inizialmente a Gondrecourt, quindi sotto guida francese nel settore di Sommerviller ed infine nuovamente a Gondrecourt dove la divisione trascorse il natale 1917.
Con l’inizio del 1918, la prima divisione ritornò al fronte, nel settore di Ansauville in Lorraine, del quale assunse il comando il 5 febbraio, rimanendo in linea fino ad Aprile. Il 16 marzo, in questa zona, Antonio rimase ferito alla gamba e fu ricoverato in ospedale; scrisse ad un suo conoscente per non preoccupare i genitori:
“Solo poche righe per farti sapere che sto bene e spero altrettanto di te. In realtà, Frank, sono stato ferito il 16 marzo e ho dovuto rimanere a letto sino a stamattina. Ma mi sto riprendendo e mi aspetto di riprendere il mio posto entro un mese. Sono stato colpito alla gamba sinistra da un frammento di shrapnel, ma la ferita è stata molto superficiale. Non dire a mio padre o a mia madre che sono stato ferito e ricoverato, digli che sono in viaggio. Essere in ospedale è un pò come stare a casa, di sicuro si prendono cura di noi.”
Effettivamente Antonio venne reintegrato nei ranghi della sua compagnia, poche settimane prima della battaglia di Cantigny.
Ad un anno dall’ingresso in guerra degli Stati Uniti e a sette mesi dai primi caduti americani in Francia, il generale Pershing stava combattendo una personale battaglia contro i vertici militari alleati per garantire la completa autonomia delle proprie truppe; per questo aveva bisogno di una operazione a completa guida Americana.
L’occasione si presentò verso la fine di maggio presso il villaggio di Cantigny, situato su un piccolo rilievo nei pressi di Montdidier; nel piano originale l’operazione faceva parte di un progetto più ambizioso volto a riconquistare le posizioni perdute durante l’offensiva tedesca del marzo 1918, piano ridimensionato dalla minaccia di una nuova offensiva.
Alle 5:45 del mattino del 28 maggio l’artiglieria francese iniziò il bombardamento delle linee tedesche seguite un’ora dopo dall’avanzata del 28° reggimento di fanteria protetto dai carri armati che travolse il contingente a guardia di Cantigny in meno di 45 minuti. La linea difensiva in previsione del contrattacco venne predisposta ad est del villaggio.
Il giorno successivo, come previsto, i tedeschi organizzarono una serie di controffensive, particolarmente violente nel pomeriggio che vennero respinte a fatica e a costo di ingenti perdite.
Il bilancio complessivo dell’operazione di Cantigny fu di 13 ufficiali e 186 uomini uccisi, 31 ufficiali e 621 uomini feriti, 203 uomini intossicati e 1 ufficiale e 15 uomini dispersi. Tra i caduti del 29 maggio il caporale Antonio Di Cello, il cui corpo venne rinvenuto insieme a quelli di due suoi compagni circondati da una decina di cadaveri tedeschi.
Il luogotenente George Marshall, parte dello staff di Pershing e ideatore dell’azione di Cantigny, ammise il costo elevatissimo dell’operazione difendendone comunque l’opportunità:
“Le perdite sofferte non furono giustificate dall’importanza della posizione stessa. Tuttavia vennero ampiamente giustificate nel quadro di ben più importanti considerazioni a lungo termine.”
La morte di Antonio venne comunicata ai genitori in Pennsylvania, per un tragico scherzo del destino il telegramma del dipartimento di stato giunse lo stesso giorno dell’ultima lettera scritta alla madre, che concludeva con:
“Sarò di ritorno sano e salvo l’anno prossimo”
Il corpo per volontà della famiglia rientrò negli Stati Uniti nel 1921 e venne celebrato il funerale presso la chiesa Italiana di Saint Joseph unitamente a quello del cugino Francesco Curcio, anch’egli volontario e anch’egli ucciso in Francia il 15 luglio 1918. Il discorso tenutosi di fronte alla nutrita comunità italiana si concluse con la frase “long live Italy, long live America!”.
Fonti:
Cochrane Rexmond, The first division at Cantigny, May 1918, U.S. Army Chemical Corps Historical Office, 1958
Society of the 1st Division, History of the first division during the world war 1917-1919, Philadelphia, 1922
Schuylkill Heritage newspaper May-June 2017
Richards, Stuart J. Pennsylvanian Voices of the Great War: Letters, Stories and Oral Histories of World War I, McFarland, 2002
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