Giuseppe Vinci: nacque a Martina Franca, in provincia di Taranto, il 20 novembre 1898 da Marco e Comasia Lilli.
Trascorsa l’adolescenza in Italia, emigrò negli Stati Uniti appena quattordicenne, intorno al 1912, stabilendosi a Fair Haven nello stato del Vermont dove risiedeva il fratello maggiore Giovanni ed una nutrita comunità di Martinesi. In quegli anni Giuseppe trovò lavoro nelle cave di ardesia della zona gestite dalla Mahar Brothers Slate Company.
All’ingresso in guerra degli Stati Uniti, Giuseppe si arruolò volontario il 25 settembre 1917 presentandosi a Fort Ethan Allen ed entrando a far parte della guardia Nazionale del Vermont; assegnato alla compagnia D del 103° reggimento fanteria, parte della 26ª (Yankee) Divisione AEF si imbarcò da Halifax il 27 settembre 1917 a bordo del transatlantico Celtic raggiungendo il porto inglese di Liverpool il 10 ottobre.
Attraversata la manica, il 103° raggiunse il villaggio di Liffol-le-Grand, nei Vosgi, che fu sede delle manovre di addestramento fino a febbraio 1918 quando venne trasferito in un settore controllato dai francesi, lo Chèmin des Dames, considerato relativamente tranquillo. In questa zona, il battaglione di Giuseppe alternò settimane di prima linea a settimane di riposo, prima del rientro a Liffol; in particolare:
Il 3 aprile la 26ª Divisione venne assegnata al settore di Toul sulla parte meridionale del saliente di Saint Mihiel ed il 103° si attestò tra i villaggi diroccati e abbandonati di Saint Agnant, Bouconville e Xivray; impegnato nella routine del fronte (pattugliamento, riparazione delle trincee, posa di filo spinato), Giuseppe confidò i suoi timori nell’ultima lettera al fratello Giovanni, datata 3 maggio, che concluse con un profetico “addio fratello, se non ti vedrò più sappi che sto facendo del mio meglio”.
Una settimana dopo, all’1:15 del mattino del 10 maggio 1918, i tedeschi lanciarono un attacco a sorpresa utilizzando per la prima volta sulle truppe americane i temibili “Gaswerfer”, lanciagas di ultima generazione montati in batteria ed azionati da una carica elettrica sincronizzata, capaci quindi di scaricare simultaneamente una massiccia dose di gas e sperimentati con successo sulle postazioni italiane di Plezzo durante lo sfondamento di Caporetto.
La sorpresa e la concentrazione di fosgene ebbero un effetto devastante soprattutto sulle compagnie C e D a presidio delle trincee di fronte a Saint Agnant; il bombardamento riprese alle 5:25 ancora con gas ed esplosivo. Complessivamente furono lanciate oltre mille cariche a gas, contenenti 20 tonnellate di fosgene che lasciarono sul campo oltre duecento uomini tra morti e feriti, tra i quali, Giuseppe Vinci.
Come ebbe a notare l’ufficiale sanitario del 103°, Robert O. Blood:
“The gas was so concentrated that the men before having time to put the on the gas masks had in some cases inhaled lethal doses. […] As to my opinion on the English Box respirator, I would state I think it was no fault of the Respirator, and had the men more time to apply them there would have been fewer casualties. This was impossible to do because of the lack of warning, suddenness of attack and extremely high concentration”.
Il corpo di Giuseppe Vinci fu riesumato e sepolto in Italia per volontà dei famigliari.
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